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Nel ricordo del Signor ALESSANDRO FIORAVANTI

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Il nostro speciale, simpatico ‘parente’ o meglio diretto discendente di 3ª generazione del nostro Fondatore Padre Gregorio
Deceduto a Bolsena, l’8 gennaio 2013. I
l Signor ALESSANDRO FIORAVANTI CI HA LASCIATI!

Benché non potessimo illuderci che il dato anagrafico dell’arzillo vecchietto Fioravanti - dallo spessore già così elevato con la fioritura di ben 95 primavere -, potesse estendersi ancora molto, l’annuncio improvviso della sua scomparsa ci ha colpite, lasciandoci anche un po’ sgomente per non essere riuscite a recargli un’altra visita nei prossimi giorni come programmato.
Alessandro però ci ha lasciate con lo stile discreto e gentile che ci trovammo a riconoscergli tante volte, dopo che egli entrò in punta di piedi, per così dire, nella nostra storia, il lontano ottobre 1990, all’apertura della causa di canonizzazione di Padre Gregorio, il mio parente "santo", come egli si compiaceva ripeterci. Sì, perché il Servo di Dio, fratello del suo bisnonno Ignazio ma a lui pressoché sconosciuto, da allora gli divenne presenza di pace, costante interlocutore di fiducia, amico fraterno, così che, sebbene avvertisse forte il disagio di esserne indegno, era fiero di parlarne, interessato a conoscerlo, e soprattutto grato di aver ritrovato, grazie all’incontro con lui, il gusto della preghiera.
Anche per noi, nel frattempo, si é maturata un’esperienza di graduale piacevole scoperta, prima di tutto quella di notare come per lui la novità dell’evento, dopo il concepibile senso di disorientamento, quasi il sacro timore dell’inattendibile "visita" di una presenza estranea, l’incontro gli si rivelasse presto in tutta la dolce semplicità di un vero dono. Ce l’ha fatto capire tante volte il signor Alessandro, specie quando abbiamo avuto modo di fermarci a casa sua, fosse pure per fugaci momenti concessi da una breve sosta del viaggio di andata - ritorno verso o da Grotte di Castro.
Senz’altro, chi di noi s’è trovata anche una sola volta in tale circostanza, non dimentica la dimessa figura di lui, al primo contatto di qualifica insignificante, ma subito dopo, non appena ci rivelava qualcosa della sua cordiale spontaneità, connotabile come tenace, dinamico studioso e ricercatore. Ci accoglieva sempre a braccia aperte: al trillo del campanello ci veniva incontro giulivo dalla confusa penombra della sua stanza arredata con artistico disordine, oppure, ci assicurava la gioia di vederci gridandoci dalla finestra semiaperta: "Entrate , entrate, su salite!"
E scendeva lesto! Rivedendoci, il volto scavato si irradiava di luce mentre il sorriso aperto scioglieva l’acutezza del suo sguardo, col quale pareva volerci abbracciare tutte, con estrema simpatia. Era poi l’angolo preferito della sua stanza ad uscire dall’alone di semioscurità con cui gli pareva lenire la sofferenza dell’occhio: erano allora le pareti ad offrirci l’incanto di preziose memorie poste in bella rassegna su ogni loro spazio. Ecco: adesso eravamo noi a stupirci, a godere ammirate lo svelarsi del fascino di quegli svariati indizi dei frutti meravigliosi raccolti da Alessandro, dissotterrando con audacia inauditi misteri di scienza e di arte, indorando di sole le segrete bellezze del fondali marini, che nella sua attività di archeologo subacqueo di fama internazionale egli aveva scoperto.
Chi avrebbe detto che quel signore minuto e schivo, ancor giovanissimo s’era meritato onori ambitissimi di prim’ordine mondiale, operando ad esempio da ingegnere minerario dalla Russia al Perù, o portando l’archeologia subacquea a livelli sconosciuti con i tesori delle sue straordinarie imprese.
La lunga teoria di riconoscimenti che inorgoglirebbe chiunque, e che lo onorò in ogni sua attività culturale, dallo scavo sottomarino al museo vulcanologico, dall’invenzione di sistemi rivoluzionari all’organizzazione di seminari formativi per giovani talenti alla cura di pubblicazioni scientifiche..., insomma ogni prestazione, si trattasse di intervenire nella ricomposizione delle reliquie del celeberrimo miracolo eucaristico della sua Bolsena o di tracciare l’itinerario subacqueo nell’isola di Ustica, a suo dire meritava solo la stima di semplice dovere, anzi di naturale compito di ogni persona, com’egli asseriva, attenta ad ascoltare con rigore ed onestà la propria chiamata alla vita, ad obbedire senza calcolo di fatica e dolore, all’intrinseco appello di quel dono.
Ecco, ascoltarlo nel racconto delle sue vicissitudini era riconoscere in lui la gioia di vivere, era assaporarne l’entusiasmo nel battersi per un bene intravisto ad utilità comune, era godere ed emozionarsi senza vergogna nel veder tornare il sorriso su un volto. Qui sta la ragione anche della sua commozione allorché ci confidava l’intima domanda sull’agire di Dio che gli affiorava sempre quando ricordava il suo essersi trovato nella nostra Gemona terremotata, l’assicurare l’immediato suo intervento come capo ingegnere, prestandosi per primo a scalare le montagne di macerie del duomo... "senza sapere – ripeteva emozionato – che proprio là, lungo quelle strade sventrate era vissuto a lungo il suo antenato, quel santo Padre Gregorio", cui si avvicinava sempre più. "Oh, i misteri di quello che da lassù ci guarda", concludeva. Tutto questo ed altro forse ricordavamo il 10 gennaio, allorché, giunte a Bolsena per il funerale del signor Alessandro Fioravanti, di fronte alla salma scoperta ne affidavamo l’anima a Dio, riconoscenti per quanto in lui ci ha donato e trasmesso, anche in merito alla significativa presenza del Servo di Dio nella vita di quest’uomo perennemente .. in ricerca. Riflettendo sul paradosso della morte, la cui idea egli pareva seriamente considerare, forse per non farsi cogliere smarrito od impreparato, riconoscevamo ancora una volta la permanente vocazione alla vita dell’essere umano.
Ci piaccia quindi pensare che nel passaggio dalla morte alla vita, Alessandro si trovi accanto il suo bisavolo Padre Gregorio e possa gioiosamente unirsi a lui per rendere gloria in eterno a Dio Padre.
 
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